” ‘a tiemp ‘e guerra ogni pertuso è puorto  carnevale è Umanità”

È muorto Carnevale, Vicienzo è vivo!

Il valore di una festa popolare non è soltanto quello “salvifico” di distensione degli umori di una comunità,  ma è anche incredibilmente simbolico portando con se i segni di una conservazione di una serie di ricordi collettivi. O di una tradizione, per essere sintetici.



Se parliamo di carnevale, poi, le due cose assumono tinte prevedibilmente più intense. Parliamo di una festività simbolicamente potentissima, una di quelle celebrazioni intrecciata in maniera indistricabile sia con la tradizione popolare ancestrale, sia con quella religiosa revisionista, sia con quella POP contemporanea; anzi,la festività “mainstream” che riunisce tutti questi aspetti in maniera equidistante.

La processione felice

Vi immaginate se questo simbolismo venisse trasportato all’interno dei confini della città più “mistica” d’Europa… Cosa potrebbe succedere?

Ovviamente che la reazione chimica tra gli elementi affini e complementari potrebbe creare un flusso di storie, canzoni, immagini e leggende che trascende lo spazio e il tempo.

Una su tutte è la veglia funebre, con tanto di lamentazioni, sul corpo di Vicienzo Carnevale, in cui si esaltano le doti (soprattutto sessuali) del defunto in maniera grottesca e che, culmina spesso, con la pira funebre del feretro.

Uno degli elementi simbolici più presenti nella tradizionali processioni di carnevale è proprio il falò. Tra tante, forse la più significativa è quella iniziata nel 1982 dall’ associazione Gridas di Scampia, fondata l’anno prima da Felice Pignataro (il più prolifico muralista d’europa) e sua moglie Mirella la Magna poiché rappresenta il culmine di un laboratorio territoriale continuo intrecciato con ogni singola realtà della periferia più famosa del mondo.

I tamburi della liberazione

La domenica prima di carnevale, a via Monte Rosa, inizia così il Carnevale di Scampia, il più rumoroso esempio di bellezza popolare con cui io abbia mai potuto avere la fortuna di collaborare e a cui abbia mai avuto la fortuna di partecipare.

Un fiume di anime confluite dalle realtà più disparate, armonizzate in una festa senza eguali, tutti insieme a saltare, cantare e suonare fino allo sfinimento, un teatro di posa semovente, una commedia buffa in cui le mura grigie dei lotti, delle vele e dei portici diventano amplificatori per i Murgueri (suonatore e ballerini di Murga) e le loro percussioni.

Danzano tutti: chi per strada, chi dalle finestre, chi nei campi rom…
Danzano addirittura i burattini giganti disegnati da Felice Pignataro che sono diventati il simbolo del risveglio di un quartiere famoso, ingiustamente, per essere perennemente intorpidito dalle conseguenze più becere della malapolitica e del razzismo.


Ad un certo punto se guardi abbastanza indietro insieme alle lingue di fuoco della pira finale sembrano danzare anche i palazzoni

Diventa così tutto elastico che il cemento che delimita l’alveare sociale in cui sono stati costretti gli abitanti, sembra diventare di gomma tanto che, per tre giorni e fino al martedì grasso, la periferia sembra un prato soffice fiorito di ogni colore esistente.

Andata e ritorno, una storia di pace, in tempo di guerra

Ho voluto scrivere queste parole e ri-collezionare queste foto non perchè oggi sia una scadenza carnevalesca qualsiasi, ma perchè è, di fatto, il carnevale di un anno tremendo in cui addirittura la memoria è diventata un binario a senso unico in cui diventa impossibile trovare una deviazione per trovare la mappa della pace.

Una sensazione di impotenza avvilente amplificata sia dal dolore, sia da un contesto generale che rende ancora più difficile la comprensione di concetti semplici come quelli di: Razzismo, Invasione e Genocidio.

Eppure basterebbe così poco per rallentare e tornare ad una interpretazione molto più semplice per imboccare la prima deviazione che arriva diritta al cuore nelle periferie del mondo.

Perchè è li che si trovano le risposte più essenziali: nelle periferie in cui la realtà è inoppugnabile e fare finta che non siano state devastate perchè “sconvenienti” ci mette su quella stessa superstrada che prima o poi soppalcherà il mondo intero.

E sotto, non rimarranno nemmeno più le braci di quei falò.

Da tutte le periferie del mondo.
Falastin Hurra, ora e sempre.