È passata una settimana e pensandoci a mente lucida, adesso, mi rendo conto con una certa calma che…
…CIATAFAN…

No, calma, dignità e classe, questo è l’inizio di un reportage dopo sette giorni di Scudetto, qui a Napoli (10km a sud, si è sempre meridionali di qualcuno)

Capitolo 1 – von Gottes Zorn, scaramanzia e vendetta

23 Aprile 2023, ore 22:33 circa, nella densità della città ammutolita da una Juve – Napoli tesissima, il brontolio rabbioso di bestemmie cresce fino a diventare un urlo liberatorio, Giacomino Raspadori ha castigato la Vecchia Signora al novantatreesimo.
In quel preciso istante, il miracolo si era compiuto, gli scongiuri e la timidezza dei festeggiamenti anticipati si sono sciolti tutti insieme
È tutto ‘o vero, simm cchiù fort!

Nemmeno 8 ore dopo la città era già colorata di verde, bianco, rosso e azzurro.

Ad onor del vero, molte delle decorazioni erano già comparse, poco a poco, nelle settimane precedenti e non senza essere accompagnate da polemiche.
Ma non è di questo che vi voglio raccontare.

Qui dove anche la matematica diventa un’opinione si dava inizio al carosello dei calcoli, delle possibilità, dei regolamenti aggiornati e dei Totoscandali all’indomani del trionfo contro la nemesi antica; Davide che atterra Golia, Sigfrido che reclama il tesoro di Fafnir con ancora in pugno la Gramr insanguinata, il riscatto del regno antico contro i padroni sabaudi che tanto infiamma i nostalgici neoborbonici.

Capitolo 2 – Da Zenone a Beckett passando per Luigi Necco

Dunque non diciamo male della nostra epoca, non è più disgraziata delle altre.
Non ne diciamo neanche bene.
Non ne parliamo.
È vero che la popolazione è aumentata…

Se l’attesa del piacere è essa stessa il piacere, Lessing non era mai stato a 15 minuti dal vincere uno scudetto, questo è poco ma sicuro. E come lui, tantissimi altri giovanotti, a dire il vero.

Per mezza giornata a sventolare bandiere, accendere fumogeni, gridare per strada, saltare, abbracciare senza mai cedere nemmeno per un attimo, come se tutta la felicità della comunità dipendesse da quell’attesa.
Anzi, era proprio così: tutta la felicità della comunità, me compreso, dipendeva da quell’attesa.

In quei momenti, soprattutto quelli di attesa fremente, non sempre la memoria riesce ad essere lucida e registrare quelo che sta accadendo in tempo reale, ma riesce ad essere rapidissima nel ricollegare sensazioni e similitudini per riportarli a qualcosa di piacevole e genuino…
…Come per esempio quella fine d’aprile in cui fuori al balcone della palazzina poco distante da dov’ero in quel momento, festeggiammo la stessa felicità

33 anni.
Io sono vivo da più di 33 anni
ho ricordi di più di 33 anni della mia vita di una comunità felice che si prendeva lo spazio necessario per esserlo a discapito della povertà, delle sparatorie e di tutta quella roba che è buona solo a ingrassare la retorica degli slogan.

Eccoli qua, stanno già festeggiando con i soldi del reddito

Si.
E lo stiamo facendo anche se stiamo pareggiando!
Oddio, stiamo pareggiando?
E quando è successo?

Sta finendo il tempo?
E ora come…?

Vabbè, sarà per domenica, avrò più tempo per le foto, più tempo per festeggiare, più tempo per cercare qualche altro ricordo.

Capitolo 3 – Crescendo Wagneriano per voce di popolo

Lo ammetto, tra il primo e il secondo tempo di Udinese – Napoli, sono sceso di casa quasi convinto che tuttto sarebbe stato rimandato alla domenica successiva.
Eppure mano mano che percorrevo quel vicolo, da quei balconcini (senza i panni spasi, mi dispiace) iniziavo a ricordarmi di nuovo quel pomeriggio di aprile in cui mio padre ci fece uscire tutti fuori al nostro balcone mentre ci riprendeva con una cinepresa comprata 3 anni prima “dietro la Duchesca
I luong aret e i curt annanz
Quelli alti dietro, quelli bassi davanti sullo sfondo di un panorama in festa.

Era il 29 aprile del 1990, da li a poco avrei festeggiato 6 anni e non avrei nemmeno immaginato di quello che sarebbe stato di me e del Napoli negli anni a seguire: l’addio di Maradona, la crisi, la retrocessione, il fallimento, il veleno per i playoff sfuggiti e poi il ritorno in A nel 2007.

Quando ho messo piede in piazza, col megaschermo svettante, tutte queste sensazioni sono state amplificate ad un livello che ancora non riesco ad afferrare lucidamente.
Per un attimo mi sono sentito nel posto giusto al momento giusto

Aspettavo di scattare questi momenti.

Nella mia testa era stato tutto esattamente così, già dal giovedì precedente, guardando nel mirino con lo sguardo annebbiato dalle lacrime e la gola bruciata dai fumogeni.

GOOOOOOL
OSIMHEN, HA SIGNAT OSIMHEN

Un delirio di torce accese all’unisono, di fumogeni crepitanti e trombe squillanti.
Era fatta, mentre ripensavo a tutto quello che mi ero preparato, anche inconsciamente, stava succedendo.

Di quegli anni delle vittorie passate mi ricordo solo l’odore dello zolfo, le pentole per strada, i miniciccioli dai balconi… Lo stesso odore, gli stessi suoni e le stesse luci che stavo guardando ora

Magari un giorno lo farò anche io
mi sono detto inconsciamente per 33 anni, fino a…

“È FINITA! È FINITA!
IL NAPOLI È CAMPIONE D’ITALIA”

Ora tocca a me

Epilogo – verso una nuova festa

Potrei scriverci ancora tanto, ma preferisco farlo citando l’intramontabile Riccardo Pazzaglia in una altrettato intramontabile scena tratta dal film “32 dicembre” dell’immortale Luciano de Crescenzo

Ci sono tre popoli che sparano (i fuochi d’artificio, NDR) : il popolo cinese, il popolo messicano e il popolo napoletano.

Però con questa differenza: che il cinese, un cinese spara per un cinese solo, il messicano spara per un messicano, invece il napoletano spara per tre cinesi, tre messicani e per dodici napoletani più uno che è lui che spara

Ed è sacrosanto, ma soprattutto perchè se la felicità è un atto politico, allora tutta una comunità felice è una rivoluzione.